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Incontro con il maestro S. Savoldelli

Parliamo di Hojojutsu (捕縄術) e delle nawa (縄) — l’arte marziale giapponese della corda, usata per catturare, contenere, umiliare e persino comunicare.
È una disciplina affascinante e complessa, dove ogni nodo ha un significato, ogni legatura è un messaggio.
Hojojutsu (anche chiamato Torinawajutsu o Nawajutsu) è l’antica arte marziale giapponese che insegnava come usare corde per catturare, immobilizzare e trasportare prigionieri.
Era praticata da:
Samurai nel ruolo di polizia o guardie.
Doshin e metsuke (poliziotti del periodo Edo).
Insegnata come parte di scuole di arti marziali tradizionali (koryu), accanto a jujutsu, kenjutsu, ecc.
Usata già dal periodo Sengoku (XV secolo) e molto sviluppata nel periodo Edo (1603–1868).
In epoca Edo, la legge vietava ai comuni cittadini di portare armi, ma le guardie samurai potevano usare corde (nawa) come strumento di contenimento non letale.
Era considerata un’arte nobile, con regole precise: catturare con onore, senza infliggere dolore inutile.
Di solito fatte di canapa o cotone, lunghe da 3 a 10 metri.
A seconda della scuola, si usavano corde più sottili (per immobilizzare) o più spesse (per trasporto).
Portate arrotolate nella cintura o nascoste nelle maniche.
L’Hojojutsu non è solo tecnica, ma anche comunicazione e simbolismo:
Immobilizzare l’avversario (braccia, gambe, busto)
Trasportare in sicurezza
Umiliare o marcare lo status sociale (nodi decorativi per samurai, nodi più umili per ladri)
🧠 Curiosità e cultura
Alcuni nodi avevano valore cerimoniale o punitivo: la legatura comunicava status, gravità del reato, o persino la condanna a morte.
Le legature erano modificate in base al rango sociale: non si legava un samurai come un contadino — questione di onore.
Molti samurai imparavano l’Hojojutsu come parte della formazione nelle scuole di jujutsu o kenjutsu.
Domanda che sorge spontanea: è la stessa cosa dello shibari erotico?
Risposta breve: no, ma… c’è un legame.
Il kinbaku-bi (緊縛美, “la bellezza del legame stretto”) e lo shibari moderno (arte erotica giapponese) derivano indirettamente dall’Hojojutsu, specialmente nel tipo di nodi e legature estetiche.
Lo shibari è nato nel ‘900, trasformando l’aspetto funzionale dell’Hojojutsu in espressione artistica e sensuale.
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Tessen significa letteralmente “ventaglio di ferro”.
Era utilizzato dai samurai, daimyo e nobili soprattutto quando non era permesso portare armi (es. durante incontri diplomatici, in udienza da uno shogun o in un tempio).
Si diffuse nel periodo Muromachi e Edo (1336–1868), spesso nascosto come accessorio innocuo.
Ci sono due tipi principali:
Gunsen (軍扇): ventaglio da campo, con stecche in metallo ma foglia in carta o seta. Usato da comandanti per dare segnali.
Tessen (鉄扇): ventaglio completamente in metallo (o con stecche metalliche), usato come arma.
Harisen (parodia moderna): ventaglione gigante usato nelle commedie giapponesi – ma non confonderlo col tessen! 😄
Era abbastanza robusto da deviare colpi di spada.
Poteva essere usato per colpire, parare, disarmare o perfino per uccidere con un singolo colpo ben piazzato.
La disciplina marziale del tessen è il tessenjutsu, parte di scuole come:
Katori Shintō-ryū
Yagyū Shinkage-ryū
Tenshin Shōden Katori Shintō-ryū
Bloccaggio e deviazione di armi (parata contro spade o coltelli).
Colpi rapidi a zone vulnerabili (viso, gola, tempie).
Inganno: usato per distrarre l’avversario o celare il movimento reale.
A volte usato insieme ad armi secondarie come il tanto o il wakizashi.
Il famoso samurai Minamoto no Yoshitsune si dice fosse esperto nell’uso del tessen.
Alcuni daimyo portavano ventagli da parata in battaglia, sia come segno di comando che come arma d’emergenza.
In epoca Edo, i maestri di cerimonia e guardie del corpo portavano tessen come difesa discreta.
Alcune versioni erano ventagli pieghevoli con lame segrete, come quelle usate dai ninja.
Oggi è studiato in scuole di kobudō (arti marziali tradizionali).
Viene usato anche in teatro Nō e kabuki, dove rappresenta nobiltà, forza o inganno.
È diventato un simbolo dell’equilibrio tra grazia e letalità, una vera metafora dell’ideale samurai.
Origini: Introdotta dalla Cina o Corea, ma evoluta in forma specifica giapponese già nel periodo Heian (794–1185).
Divenne un’arma dominante nel periodo Sengoku (XV–XVI secolo), quando le guerre tra clan erano frequenti.
Sostituì parzialmente l’uso del katana e dell’arco (yumi) nei campi di battaglia, grazie alla sua portata, versatilità e facilità d’uso in formazioni di fanteria.
Lama in acciaio, diritta e a doppio filo, montata su un lungo manico in legno (spesso da 2 a 4 metri).
Esistevano diverse varianti:
Su-yari: lama semplice e dritta (la più comune)
Kama-yari: lama con “ganci” laterali, utile per tirare giù cavalli o guerrieri
Jumonji-yari: lama a forma di croce, simile a un tridente
Il termine magari può riferirsi a “curvo” o “articolato”, ma spesso è associato a Yari dalla lama a forma complessa, come la jumonji-yari.
La jumonji-yari, chiamata anche magari yari, aveva due lame laterali curve, utili per agganciare, spingere, tirare, disarmare o colpire in modo imprevedibile.
Celebre portatore: Hōzōin In’ei, un monaco guerriero del 1500, creatore dello stile Hōzōin-ryū, famoso per l’uso spettacolare della jumonji-yari.
Le yari erano usate in formazione (ashigaru, i fanti), in schieramenti tipo falange, per respingere cariche di cavalleria.
I samurai le usavano anche a cavallo o da soli in duelli, con tecniche precise e letali.
Il magoyari permetteva di agganciare e controllare l’avversario, ottimo contro spade o per cavalleria.
Il famoso generale Honda Tadakatsu portava una yari leggendaria chiamata Tonbogiri (蜻蛉切, “Taglia-libellule”), una delle “Tre lance famose del Giappone”.
Alcune scuole tradizionali (koryu), come Hōzōin-ryū, insegnano ancora oggi le tecniche del magoyari.
A differenza della lancia occidentale, la yari era tagliente anche lateralmente, rendendola molto più versatile.
Il manriki-gusari (o manriki-kusari, 萬力鎖 o 万力鎖) è un’arma tradizionale giapponese, appartenente alla categoria delle armi flessibili. È formata da una catena metallica (kusari) con pesi alle estremità, ed è stata storicamente utilizzata da guerrieri e agenti segreti, in particolare ninja e poliziotti (metsuke o doshin) nel periodo Edo.
Il manriki-gusari è un’arma di difesa personale e cattura, non letale se usata con perizia. Le tecniche (kusarijutsu) includono:
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